Scorrendo il blog di Andrea Alberghini mi sono imbattuta in testo che accompagnava l’esposizione al XV Napoli Comicon (aprile 2013).
Cresciuto in un ambiente caratterizzato da una forte cultura visuale (il padre Robert era architetto e riteneva il disegno lo strumento più efficace per la comprensione del mondo), François Schuiten
affianca da decenni l’attività di scenografo a quella di autore di fumetti. Les Cités obscures, il ciclo di storie realizzato in coppia con Benoit Peeters, ha avuto nel corso del tempo una parallela trasposizione nel mondo reale la cui natura generalmente effimera legata a particolari eventi (mostre o spettacoli) ha potuto in talune occasioni sedimentarsi e lasciare segni permanenti.
E’ il caso della stazione Port de Hal a Bruxelles (1993-1994), nella quale i passeggeri in transito sono accolti da un altorilievo che riproduce lo scenario urbano retrofuturista dell’omologa Brüsel delle Città oscure con tanto di tram 81 apparso per la prima volta nelle Terres creuses dei fratelli François e Luc Schuiten, quest’ultimo architetto dedito alla tematica dell’integrazione dell’elemento vegetale nelle architetture e nelle città.
Ancora più spettacolare l’intervento alla stazione Arts et Métiers (1993-1995) della metropolitana parigina collegata direttamente al museo omonimo che si presenta come l’interno di un’enorme macchina meravigliosa dal sapore ottocentesco.
Con tali premesse appare del tutto naturale che François Schuiten sia stato incaricato di realizzare l’imponente scenografia di 6000 metri quadrati dedicata al tema dell’utopia per il padiglione denominato Planet of visions dell’Esposizione Universale di Hannover del 2000. Un’esperienza magica per gli oltre cinque milioni di visitatori, immersi in uno scenario fantastico di statue gigantesche, città utopiche e paradisi rovesciati.
Un rapporto, quello con le fiere mondiali, rinnovato nel 2005 con la collaborazione tra Schuiten e il pittore Alexandre Obolensky per la realizzazione dell’interno del padiglione belga dell’Esposizione Universale di Aichi il cui tema era “La Saggezza della natura”: un dipinto di 800 metri quadrati riproducente il rapporto tra uomo e paesaggio attraverso i capolavori della pittura belga cui la musica di Bruno Letort donava una seducente dimensione sonora.