Month: marzo 2014

as you would playing music

“What you do with comics, essentially, is take pieces of experience and freeze them in time.

The moments are inert, lying there on the page in the same way that sheet music lies on the printed page.

In music you breathe life into the composition by playing it.

In comics you make the strip come alive by reading it, by experiencing it beat by beat as you would playing music…”

Daniel Raeburn, Chris Ware (Monographics),

New Haven, Yale University Press, 2004, p. 25

William Hogarth

La relazione tra architettura e fumetti potrebbe essere iniziata con le stampe e i dipinti di William Hogarth (1697-1764). I “soggetti morali moderni” furono il suo successo finanziario più importante e popolare.

” The Rake’s Progress e The Four Times of Day  hanno confermato la sua crescente padronanza della serie come formato pittorico: in entrambi i casi significato e narrazione sono prodotti non solo da un utilizzo altamente innovativo delle figure, l’architettura e lo spazio all’interno dei singoli quadri e incisioni, ma anche con i sottili rapporti pittorici che stabilisce tra le diverse immagini che compongono ogni serie.” Frédéric Ogée & Olivier Meslay, Hogarth, London: Tate, 2006, p. 16

Ben nota è la serie di Hogarth sulla moralità: Progresso di una prostituta (1731) e Carriera di un libertino (1735) usano la forma d’arte sequenziale ( semplicemente una serie di singole immagini, appese in fotogrammi separati, stampati in ordine in un giornale, o mostrato a pagine in sequenza in un libro) per seguire l’avanzamento dei due personaggi attraverso una serie di scene e lungo un tagliente declino della loro fortuna.
Il passaggio del tempo può essere seguito attraverso la serie, e tipi generici riconoscibili per la società di Londra contemporanea popolano le immagini. Il mutare del contesto architettonico segna anche le alterne vicende dei soggetti: la discesa di Moll Hackabout nella prostituzione in “Progresso di una prostituta” è in parte illustrata dal passaggio di sfondo tra la seconda e la terza scena: dalla residenza aristocratica del suo amante per una camera economica in un bordello in Covent Garden. Come nel teatro, i personaggi in queste scene recitano la storia in un contesto esagerato, è soprattutto questo che permette alla storia di diventare leggibile anche ad un pubblico analfabeta. Hogarth ha prodotto la sua serie in molti modi diversi: come costosi dipinti a olio, stampe prodotte in volumi relativamente abbordabili, e come inserimento nel più economico dei giornali contemporanei. E’ stato uno dei primi artisti comici a vedere le sue strisce a fumetti incorporate nei mass media stampati.

Può questo bastare a definirlo precursore del rapporto tra architettura e fumetti?

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Harlots Progress 1652

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Rakes Progress 1656

Intenti (a breve)

I prossimi 10 giorni non sarò a prtata di mano(spero a portata di WiFi ma non credo), ho però intenzione di leggere Making Comics di Scott McLoud, Comics Architect, Spazio Possibile Spazio Credibile di Simone Barbieri nonchè alcuni fumetti vari. Mi chiedevo se forse non mi stia concentrando tanto sui fumetti e meno sull’architettura. E poi bisognerà dare delle risposte alle domande che mi faccio, nonchè dare concretezza a questo progetto.

Arrivederci.

i 6 punti di Scott McLoud

Sono rimasta colpita, nel leggere Understanding Comics, dall’individuazione di 6 punti per la creazione di arte (per quanto controverso sia l’utilizzo del verbo creare, qui credo sia adatto).

Esamina sei passi “obbligatori” del fare arte. Molto interessante in generale, pensavo se poter applicare questi sei passi alla progettazione architettonica, dato che sarebbero applicabili a qualsiasi arte, magari potrebbero risultare adatti anche a noi (con adeguate modifiche o precisazioni forse…).

Non ne sono più molto convinta…comunque i nostri passi sono:

  1. IDEA/SCOPO. Gli intenti dell’opera, i contenuti.
  2. FORMA. Che forma assumerà?E’ un libro?Un vaso?Una sedia?Una canzone?
  3. IDIOMA. Lo stile, il genere, il vocabolario.
  4. STRUTTURA. Di fatto si tratta dell’assemblaggio, cosa mettere e cosa tralasciare, come organizzare o comporre…
  5. MESTIERE. Comporre, applicare le proprie capacità nel campo, non solo mentali e di pensiero, di ideazione (di fase 1 se vogliamo), ma di concretizzazione.
  6. SUPERFICIE. I ritocchi, curare la forma esteriore, la presentazione, la superficie dell’opera appunto.

Credo si senta molto l’essere fumettista di McLoud, specie nei punti 4-5-6 che potrebbero forse essere unificati in due soli punti per altre parti, mentre funzionano bene così nel fumetto.

Ho trovato molto affascinante il fatto che questi passi vengano percorsi tutti ma non necessariamente in questa sequenza, c’è chi parte per esempio dalla forma, alla sua arte non mancherebbero scopo e idee, solo la sua arte diventerebbe lo scopo e le idee arriverebbero dopo a darle consistenza. Tra questi ultimi McLoud individua Stravinkij, Picasso, Virginia Woolf, Orson Welles, Spiegelman, McCay

Al contrario chi parte dal passo 1, utilizza la sua arte come strumento, come veicolo per le sue idee. I contenuti allora saranno prioritari rispetto alla forma, che sarà “semplicemente” la più immediata. Tra questi troviamo Capra, Dickens, Murrow, Eisner, Hergè

Bisogna ricordare però che si può partire da un passo piuttosto che da un altro ma vanno percorsi tutti, nessuna opera d’arte può essere completamente priva di contenuto così come contenuto senza una forma rimane inespresso.

Interessante è poi il fatto che poi le opere d’arte vengono percepite all’inverso,se ne vede la superficie, se ne fa esperienza e in ultimo se ne percepisce il significato. “dalla superficie al cuore” dice McLoud.

Ecco, non so, inizialmente questo discorso mi è piaciuto molto, è un percorso segnato e schematico ma lascia molta libertà, mi piace molto in generale, ma poi parla in realtà di produrre opere d’arte e quindi a mio parere si adatta solo in parte all’architettura. Ci devo pensare.

Rispondendo alle domande della Hoorn

Giunge il momento di riferire la risposta di Bricks & Balloon. In realtà riporterò quello che ne viene detto in Goodbye Topolinia , è più organico di quel che ho in testa io.

Risposta 1. La più facile. Il fumetto sa trasmettere velocemente significati anche complessi. Come se l’architettura non bastasse più a se stessa per comunicare, quindi deve trovare altri mezzi, altri medium.

Risposta 2. Collegata alla precedente. Testualmente: “l’architettura non costruita ha necessità di numerosi controlli prima di essere definitivamente realizzata”. Quindi… l’architettura non costruita che poi viene costruita, la si può chiamare credo universalmente, progetto. Dunque il progetto prima di venir realizzato ha bisogno di essere controllato. Segue un elenchino dei metodi di controllo progettuale: immagini virtuali elettroniche (ok), modellini reali in scala ridotta (ok), schizzi a matita (ok), piante sezioni e prospetti (a volte), filmati (??) e racconti a fumetti (??). Su questi ultimi non sono molto d’accordo, molto banalmente, non credo che video e fumetti siano (per ora forse?) un mezzo per il controllo progettuale. Tutto qui. Vengono solo dopo.

Risposta 3. La risposta concettuale. Le architetture disegnate sono effimere, e danno libertà espressive senza confini. Libertà espressiva senza confini in architettura porta alla sperimentazione e all’innovazione linguistica in ciò che sarà poi destinato ad essere realizzato.

Ecco, queste sono le sue risposte…non so se e come le userò. Ma vale la pena di tenerle a mente e quindi di tenerle qui.

Architectural Strips

Mi sono imbattuta  in questa mostra tenuta a Milano nella Galleria Menphis, nel 1987: Architectural Strips. Ne ho letto il nome in Bricks & Balloon.

Non ne so molto di più, ho trovato che è stata curata da Barbara Radice e di lì ho scovato il catalogo: Architectural Strips. Disegni e strisce di architettura e design, Menphis, Milano, 1987.

Ho trovato questo, dice poco e niente, ma più che altro niente. Non ho trovato il catalogo da nessuna pare, eppure ho cercato! Dubito che sia fondamentale alla mia ricerca, però è la prima volta (non ho trovato nulla di precedente) in cui si mettono insieme Architettura e Fumetto. Sarà stato un lavoro acerbo e forse distante da quello che è oggi questo binomio, però cavolo m’interessa! Vorrei leggerlo e non posso, è frustrante.

Lost Buildings

Lost Buildings non è un fumetto. E’ palese, chiaro, non è su carta, non è su pagina, si muove, non è un fumetto.

Ma prima di definire cosa non è, effettivamente, cos’è?

E’ un diaporama con commento musicale e recitato live, ideato per la trasmissione radiofonica This American Live (come fare a ideare un diaporama per una radio, non l’ho capito) che poi è stata messa in secna in varie sale, poi hanno fatto il dvd, poi hanno annesso un libretto illustrato, insomma, è piaciuto. E’ stato realizzato da Chris Ware con Ira Glass e Tim Samuelson (storico culturale di Chicago).

E’ il racconto del giovane Tim, ossessionato dagli edifici di Louis Sullivan, tra i quali girovaga assieme a Richard Nickel tra gli anni ’60 e ’70 a Chicago per impedirne la demolizione. Non svelerò il finale, tanto non ha importanza ai miei fini e potrete guardarvelo con calma.

Come in Jimmy Corrigan (forse non ne ho ancora parlato?) anche qui gli edifici sono portatori di identità.

Dicevamo che non è un fumetto, però le immagini, in sequenza, vengono trattate proprio con tecnica fumettistica, per di più ad ogni immagine corrisponde una posizione spaziale (come in una pagina). Così sembra che le immagini diventano altro, “le aperture della facciata diventano finestre sul passato,[…] un’insegna di un caffè diventa di forma circolare diventa uno spioncino attraverso cui vedere il crollo […] per poi trasformarsi, in campitura piena nera, nella palla demolitrice che già Samuelson immagina in azione anche sul nuovo edificio”.

Qui Ware parla, in realtà a proposito di Building Stories, del suo interesse per gli edifici e ciò che accade al loro interno.

Una domanda, forse la solita domanda, mi si pone: se l’architettura è entrata così dentro al fumetto (non a tutti è chiaro), così integrata, cosi non solo scenografia, ma fulcro emotivo della storia, perchè per noi architetti il fumetto rimane una scelta di facciata?

Siamo in dietro oppure non è una via percorribile?

Qui il link a Lost Buildings

Archi & BD, La Ville Dessinée

Devo ancora leggerne il catalogo, diciamo che il fatto che sia in francese mi frena un po’ ma bisogna solo iniziare, poi con un po’ di fantasia e rimembranze di vacanze francesi, nonchè un buon vocabolario alla mano, ce la farò!

Comunque, è una mostra del 2010 realizzata alla Citè de l’architecture & du patrimoine di Parigi. Viene trattato (all’interno di una grande manifestazione internazionale!) il tema di fumetto e architettura. Per quel che ho potuto capire fino ad ora, è decisamente di taglio urbanistico, guarda alle città rappresentate e immaginata nei fumetti. Analizza da Paperopoli alle metropoli avvenieristiche delle archistar.

Troviamo un discorso legato ai “giovani architetti” (mi mettono sempre un po’ i brividi le definizioni tipo giovani-qualcosa, che vuol dire giovani, cosa sott’intende giovani?vabbe…) e l’uso del fumetto come metodo di rappresentazione dell’architettura e dei progetti. In realtà utilizzano il termine “linguaggio”, ma per l’uso che ne viene fatto, trovo più idoneo “metodo di rappresentazione”. Il linguaggio è qualcosa di più esteso.

Nonchè l’attribuzione ai fumettisti della capacità di precorrere i tempi. «Gli autori e i disegnatori sono come dei sismografi. Captano gli sconvolgimenti storici, sociali e architettonici del loro tempo», sostiene il curatore della mostra parigina, Jean Marc Thévenet.

qui c’è un articolo de La Repubblica dove si parla della mostra “Metropolis la città fantastica Cinema & fumetto architetture per mondi futuri” e qui uno de Il Sole 24 Ore “Chi è l’archistar di Paperopoli?”

Fa davvero così strano parlare di Architettura e Fumetto?

Parallelismi – RELAZIONI

Henri Focillon ( Vita delle forme seguito da elogio della mano) considera l’arte come processo composto da eterne dicotomie e apparenti opposizioni.

esempio: l’opera d’arte per essere tale deve tendere all’unicità (grazie a Walter Benjamin!) ma contemporaneamente si avvale di molteplici relazioni, “frutto di un lavoro autonomo che realizza in assoluta libertà i sogni più alti dell’uomo ma in essa convergono le energie della civiltà”. Ogni dicotomia allora si risolve concedendo all’opera d’arte la capacità di mettere insieme, di collegare…di stabilire relazioni insomma.

Si può quindi dire che l’arte è unica ma non può essere isolata, è assoluta ma mai separata. I linguaggi vivi non sono mai isolati. Sia fumetto che architettura attingono ad altre forme d’arte e si contaminano di tecniche, di stili, espressioni, atmosfere, spazi, colori e interpretazioni della realtà. E questo succede a tutte le espressioni artistiche vivaci.

Per quanto riguarda l’architettura, questa si è sempre avvalsa dell’apporto di altre discipline per definirsi e completarsi oltre che arricchirsi di decorazioni e ornamenti. Questo legame con altre discipline non è sparito con l’annullamento dell’ornamento nell architettura moderna, semplicemente le discipline “integrative” sono divenute altre. Esempi?L’ingegneria, la sociologia. Così sostiene Joseph Rykwert in L’Architettura e le altre Arti.  Eppure anche in epoca funzionalista abbiamo visto l’architettura rivolgersi al cinema, alla letteratura, alla musica,alla fotografia,alla scultura,alla danza, alla pittura

E non possiamo in effetti fare lo stesso discorso per il fumetto?Non condivide col cinema la sequenzialità?La parola con la letteratura, il disegno con lapittura, il ritmo con la musica…?

Mondrian  sostiene che è  impossibile che un’arte si annulli nell’altra, tuttavia si possono fortemente condizionare, arricchendosi o anche depauperandosi. (credo lo dica in Il Neoplasticismo, ma non ne sono sicura, me l’ero scritto ma senza ulteriori riferimenti…male!devo imparare a scrivermi tutto!)

Parallelismi – ARTISTICITA’

Bene, bando alle ciancie, è il caso di tirare giù qualcosa di serio.

In molte delle cose che ho letto, si cercano analogie tra architettura e fumetti. Le ho trovate un po’ distanti, del tipo: il fumetto si occupa di questo. Architettura, te ne occupi anche tu? Si. Bene, sbam, anlogia trovata, ci vorrebbe un timbro per formalizzare la cosa.

Ammetto di aver semplificato l’approccio, ma mi da comunque l’effetto di una lista con due colonne una fumetti e una architettura con le relative X e V quando le cose corrispondono o meno. Ma se ci sono così tante analogie, perchè le due colonne non si intersecano mai (se non formalmente)?

Detto questo, è stato molto interessante capire i punti in comune tra le due discipline e credo valga la pena di spenderci del tempo a capirle. Credo che siano la base fondamentale, condizione necessaria ma non sufficiente, per il lavoro che ho in mente.

ARTISTICITA’

Sia fumetto che architettura hanno o hanno avuto una storia di dibattito sulla loro relativa artisticità. C’è chi dice che nel XX secolo l’architettura stia venendo “deposta dall’altare delle arti” mentre il fumetto assurge alla categoria di arte. Ci starebbe una digressione sul significato di arte ma non credo ne di poterla portare avanti adeguatamente ne che sia questa la sede giusta, ma vi ripropongo una definizione per me molto evocativa:

“l’arte è una condizione dello spirito come la fame è una necessità del corpo”.

E l’architettura è arte? Lo è oggi? Trovo che anche in questo Cassarà e D’Urso siano arrivati ad una buona conclusione:

“Il risultato è che oggi, all’inizio del XXI secolo, vale tutto e il suo contrario. L’architettura è però presente, si manifesta e rappresenta il mondo che la produce, e produce il mondo che la rappresenta, così come è sempre stato. Essa per poter fare ciò, sebbene rivendichi una sua autonomia, non può essere isolata dal resto delle attività umane, incluse e per prime quelle artistiche.”

Per quanto riguarda il fumetto il primo in Italia a studiarlo è stato Eco nel 1964 con il suo Apocalittici e Integrati (To Read!) dove analizza i nuovi sistemi di comunicazione di massa e le conseguenti derive culturali. Da qui in avanti (persino in Italia) fiumi di parole sono stati spesi sulla “serietà” del medium fumetto fino ad oggi, quando ha finalmente raggiunto lo stato di arte (benche i giornali ancora la reputino una “novità” da strillare).

Le storie rappresentate coi disegni sono un modo per conoscere il mondo esattamente come è sempre stata l’architettura. L’arte in generale è un modo di conoscere la realtà nel suo essere più intimo.

L’arte comune di architettura e fumetto è qui ben descritta:

“La sua arte, quando è arte, è doppiamente tale: conosce il mondo scrutandolo; trasforma il mondo inventandolo.”