Sequenza:
“una successione logica di nuclei legati da una relazione di solidarietà: la sequenza apre quando uno dei suoi termini ha un antecedente non isolato e chiude quando un altro dei suoi termini non ha nessi”
R.Barthes, Structural Analysis of Narratives, in Image-Music-Text, Fontane, Londra 1977; trad it. L’analisi del racconto, Bompiani, Milano 1990
In architettura continue sequenze si succedono, sequenze di eventi, funzioni, attività, accadimenti sono sempre sovrapposte alle sequenze spaziali.
“Queste […] suggeriscono mappe segrete e invenzioni impossibili, raccolte incoerenti di eventi messi tutti insieme in un accomularsi di spazi, fotogramma dopo fotogramma, stanza dopo stanza, episodio dopo episodio”
B. Tschumi, Architettura e disgiunzione, Edizioni Pendragon, Bologna 2005, p 126
H0 iniziato a leggere Architettura e Disgiunzione di Tschumi, in particolar modo il capitolo “Sequenze” (che a sua volta appartiene alla seconda parte “Programma”) consigliatomi da Sebastiano D’Urso che gentilmente ha risposto ad una mia mail stracolma di domande (ancora grazie!).
Intanto ciò che Tschumi intende per Programma (architettonico) è nulla di più che una lista di requisiti, di necessità di ciò che viene progettato, ma che non suggerisce il loro accostamento o la loro combinazione. Individua tre tipologie di Programmi in relazione alle sequenze spaziali:
gli Indifferenti alla sequenza spaziale, eventi e sequenze di spazi sono indipendenti gli uni dagli altri. Le considerazioni formali non dipendono da quelle relative all’utilizzo.
gli stand esotici tra la pilastratura regolare del Crystal Palace (1851)
i Reciproci, che rafforzano la sequenza spaziale, sequenze di spazi e di eventi sono assolutamente interdipendenti. Ciascuna sequenza rafforza l’altra, molto funzionalista come tipologia
i Conflittuali, sequenze di spazi ed eventi che occasionalmente si contraddicono a vicenda, ciascuna sequenza trasgredisce quindi la logica dell’altra.
In ogni caso è da specificare che le sequenze spaziali e le sequenze di eventi sono indipendenti l’una dall’altra, anche se può capitare che coincidano, anche solo per un certo lasso di tempo. Le sequenze spaziali, ci dice Tschumi, sono generalmente strutturali, ma attenzione, non si pensi a strutture in senso concreto (travi pilastri e quant’altro) ma più come “il modo, il sistema in cui i singoli elementi sono organizzati nell’insieme“. Queste strutture possono essere lineari (eventi, movimenti, spazi in un’unica progressione) ma non tutta l’architettura è lineare, gli edifici circolari, le città reticolo, le accumulazioni di prospettive frammentarie e le città senza principio nè fine, producono strutture dove il significato deriva dall’esperienza più che dalla composizione. L’ordine dell’esperienza riguarda il tempo, la cronologia, la ripetizione. “Alcuni architetti sono diffidenti riguardo al tempo e vorrebbero che i loro edifici fossero letti a colpo d’occhio, come cartelloni pubblicitari“. Le sequenze hanno un valore più emotivo, implica il movimento di un osservatore.
“Per Lautrèamont, muoversi non è mai spostarsi da un luogo all’altro, ma è sempre eseguire qualche figura, assumere un certo ritmo del corpo.”
[Non è proprio una passeggiata questo libro, temo di perdermi qualche pezzo di ragionamento, ma farò il possibile per essere completa!]
Allora…il significato finale di qualsiasi sequenza dipende dalla relazione spazio/evento/movimento, che possono essere paralleli (sequenza lineare) o interconnessi (sequenza esperienziale). Ma le sequenze architettoniche non sono soltanto gli edifici esistenti o le loro funzioni, in essi c’è sempre anche una narrazione implicita che può riguardare varie cose, dal metodo alla funzione alla forma.
La sequenza architettonica combina la presentazione di un evento con la sua progressiva interpretazione spaziale (che ovviamente lo altera). Simili, in altro ambito, sono i rituali e i percorsi d’iniziazione, dove il percorso è più importante di qualsiasi punto al suo interno. Nel rituale ci deve essere controllo assoluto del rapporto spazio/evento, non può accadere nulla di inaspettato.
Ma parliamo di narrazioni, cos’è una narrazione architettonica? Una narrazione in generale presuppone una sequenza ed un linguaggio. E sollevare la questione sul linguaggio della narrazione è da kamikaze. Ma Tschumi ci fa riflettere: se assimiliamo la narrazione architettonica alla narrazione letteraria (o a fumetti!), lo spazio può intersecarsi coi segni e dare vita ad un discorso?
Un discorso poi ha una trama, un progetto (Cenerentola o la casa monofamiliare) e quando questo è ben noto (e lo è quasi sempre in ambito architettonico) si tratta di ri-narrazione, perchè la narrazione è già stata affrontata a sufficienza.
Se le sequenze sono contratte, avremo spazi frammentati, gli spazi e il loro impiego iniziano e si succedono molto velocemente. Riducono ad una soltanto, le dimensioni dell’architettura.
villa Stein a Garches, Le Corbusier
villa Stein a Garches, Le Corbusier
Le sequenze allargate invece riempiono il vuoto tra gli spazi, e diventa uno spazio anch’esso (una soglia, un corridoio, un gradino d’ingresso).
Wallhouse Hejduk
Wallhouse Hejduk
La combinazione di sequenze contratte e allargate può dare origine a particolari giochi ritmici.
Non dimentichiamo che le sequenze sono formate da momenti che Tschumi chiama “fotogrammi” che acquistano significato per giustapposizione, dando luogo al ricordo del momento precedente. I fotogrammi sono sia il meccanismo strutturante che il materiale strutturato: il più delle volte il primo è qualcosa di stabile e regolare, mentre il secondo è interrogativo e distorcente.
Fotogrammi affini, a livello di contenuto, possono essere sovrapposti, dissolti, ripetuti, mescolati, tagliati a piacimento offrendo infinite possibilità alla sequenza narrativa. Ad esempio l’inserimento di elementi aggiuntivi all’interno della sequenza possono cambiarne parecchio il significato.
questo effetto è molto ben evidenziato all’esperimento di Kuleshov in cui la stessa inquadratura del volto dell’attore sembra variare a seconda di ciò che gli viene giustapposto.